Post by Marco'sSiamo sicuri che sfuggono solo a me molte leggi della fisica ? ;)
Sì. Il concetto in se' si capisce anche a buon senso, ma se non ti
basta, leggi questo:
Teoria della curva
Vediamo di fare una trattazione più possibile completa della dinamica
della moto in curva per cercare di spazzare via più possibile credenze e
pregiudizi.
Cercherò di essere più semplice e chiaro possibile però ho bisogno che
chi fosse interessato legga con calma cercando di capire i concetti. Se
per qualcuno qualcosa non fosse chiaro può chiedere. Chi già conosce
certi concetti elementari può saltare al paragrafo successivo.
Cominciamo con chiarire qualche concetto, spesso abusato anche se,
altrettanto spesso, non realmente chiaro.
Grandezze scalari e grandezze vettoriali
Continuo a battere su questo argomento (ne ho già parlato altre volte)
perché è basilare comprenderlo per capire i concetti che seguono.
Una grandezza vettoriale è una grandezza per la quale occorre definire,
oltre che al suo valore (modulo) anche una direzione un verso e un punto
di applicazione. Una grandezza scalare ha soltanto un valore. Se noi
parliamo di un litro d’acqua è un litro d’acqua ovunque e parlare di un
litro d’acqua definisce già completamente di cosa si tratta. La massa è
una grandezza scalare e definisce a grandi linee la quantità di materia
contenuta in un certo oggetto. Un chilogrammo di ferro è un chilogrammo
di ferro sia sulla terra che sulla luna che nello spazio, anche se il
loro peso sarà diverso in tutti questi posti (per chiarezza occorre
saper che un chilogrammo massa, simbolo Kg, è l’unità di misura della
massa, mentre il chilogrammo peso, simbolo Kp, è l’unità di misura del
peso. Un Kg di ferro avrà ovunque una massa di un Kg ma solo sulla terra
al livello del mare avrà un peso di un chilogrammo peso, più avanti
avremo la possibilità di definire meglio questo concetto).
Vi faccio un esempio semplice che spero possa chiarire i dubbi.
Prendiamo due sfere di ferro da 10 tonnellate ciascuna. Le appendiamo a
due cavi di acciaio tali che restino sospese alla stessa altezza a 40 cm
di distanza l’una dall’altra (per il solito pignolo che esce in questi
casi diciamo che consideriamo infinita la lunghezza dei cavi).
Prendiamo un malcapitato lo mettiamo in mezzo fra le due sfere quindi
tiriamo indietro leggermente una sfera e la spingiamo in modo che si
avvicini all’altra ad una bassa velocità. La grande massa contenuta
nelle due sfere che si avvicinano sarà in grado di spiaccicare il
malcapitato anche se la velocità di avvicinamento è molto bassa. Ora ci
trasferiamo nello spazio con le stesse due sfere e un altro malcapitato
(quello di prima ormai non serve più). Le sfere nello spazio hanno peso
zero ma la massa è sempre la stessa. Se mettiamo in movimento le due
sfere l’una verso l’altra alla stessa velocità che avevano
nell’esperimento sulla terra, il malcapitato spaziale che si trova in
mezzo farà la stessa fine del malcapitato terreste, anche se il peso
delle sfere nello spazio è uguale a zero.
Se ora nello spazio collego le due sfere con una molla in trazione la
molla tenderà a portare le sfere l’una vicino all’altra. Se metto una
bilancia fra le due sfere misurerò “un peso” uguale alla forza della
molla. Se una delle due sfere è molto grande rispetto all’altra ma la
molla che le attira è sempre la stessa la mia bilancia misurerà sempre
lo stesso valore. Se invece la molla che attira le due sfere è di
origine gravitazionale (attrazione fra i corpi) l’entità della molla che
li attira diventa proporzionale alle masse (credo al quadrato delle
masse ma in questo momento il dato è irrilevante). Più grande la massa
della sfera grossa (es terra o luna) maggiore è la forza di attrazione.
A parità di sfera grossa, maggiore è la massa della sfera piccola
maggiore è la forza di attrazione (peso).
Ecco che da una grandezza scalare, la massa, siamo arrivati ad una
grandezza vettoriale, il peso, che è “una forza” che ha un valore (che
dipende dalle masse), che ha un punto di applicazione (il baricentro
della sfera piccola (per semplicità)), una direzione quella che unisce i
baricentri delle due masse, ed un verso (che tende ad avvicinarle e non
ad allontanarle).
E’ importante non confondere il peso con la massa perché vedremo più
avanti che avranno utilizzi diversi.
Somma di grandezze
Se si sommano due grandezze scalari si ottiene una nuova grandezza che è
la somma aritmetica delle due grandezze che la compongono. Se metto
assieme due masse di ferro di 1 Kg ciascuna ottengo una massa risultante
di 2 Kg.
Le grandezze vettoriali invece si sommano con un metodo matematico
(piuttosto complesso e poco immediato) oppure con un metodo grafico,
molto semplice e molto chiaro.
Esempio. Se c’è una scatola sul pavimento e ci mettiamo in due a
spingerla, ma non la spingiamo nella stessa direzione ma in direzioni
diverse (ad esempio ci mediamo a spingere con inclinazione reciproca di
90°) la scatola si muoverà in una direzione che è approssimativamente a
metà strada fra le due direzioni di spinta. Se a spingere mettiamo un
omone e un ragazzino (una forza più grande dell’altra) la direzione di
movimento della scatola sarà quasi quella di spinta dell’omone perché la
spinta del ragazzino ha poca influenza sulla spinta dell’omone.
Tutto questo può essere rappresentato graficamente tenendo conto che,
come abbiamo detto, una grandezza vettoriale (la forza) è caratterizzata
da un valore (o modulo), da una direzione e da un verso quindi se
indichiamo la direzione della forza con una linea, l’intensità della
forza con un tratto su questa linea la cui lunghezza sia proporzionale
all’entità della forza, e il verso con una freccia abbiamo rappresentato
quello che si definisce “un vettore” (da cui il termine di grandezza
vettoriale), in pratica una freccia. I vettori possono essere facilmente
sommati graficamente con la regola del parallelogramma. Se vogliamo
sommare il vettore A al vettore B tracciamo, come da disegno, una linea
sul vertice del vettore B parallela al vettore A e sul vertice del
vettore A una linea parallela al vettore B, Il punto di incontro delle
due nuove linee sarà il vertice del vettore risultante C. Torniamo
all’esempio della scatola. Se l’omone spinge la scatola con la forza B e
il ragazzino spinge con la forza A la scatola si sposta sulla direzione
C, ovvero noi possiamo sostituire alle forze A e B la forza C senza che
la scatola avverta la differenza.
Inerzia o forza di inerzia. Parola abusata ma non tutti quelli che la
usano sanno esattamente che cosa sia e come si manifesti. La forza di
inerzia è una forza che si oppone alla modificazione dello stato di
quiete o di moto di una massa. Si applica al baricentro della massa. Un
corpo fermo reagisce con una forza di inerzia quando si cerca di
metterlo in movimento (e lo sa bene il motore), un corpo in movimento
reagisce con una forza di inerzia quando si cerca di rallentarlo (e lo
sanno bene i freni ed i malcapitati degli esperimenti di cui sopra),
quello che non tutti sanno che una massa in moto rettilineo reagisce con
una forza di inerzia anche quando si cerca di deviarla.
Altro esempio. Se ci mettiamo in mezzo alle due sfere dell’esperimento
di prima sulla terra e cerchiamo di allontanarle l’una dall’altra
spingendone una appoggiandoci all’altra le due sfere si muoveranno molto
lentamente a causa della loro grande massa e quindi grande inerzia, se
facciamo lo stesso esperimento nello spazio a peso zero l’effetto sarà
uguale perché le masse e l’inerzia restano invariati.
Qualunque modificazione allo stato di quiete o di moto di una massa in
fisica si definisce accelerazione. Imponiamo una accelerazione ad un
oggetto fermo quando lo mettiamo in movimento, o quando lo portiamo da
una data velocità ad una velocità maggiore, ma anche quando lo portiamo
da una data velocità ad una velocità minore o lo fermiamo. In questi
ultimi casi l’accelerazione è diretta in senso opposto al moto.
L’accelerazione è una grandezza vettoriale come la velocità e ora
continuiamo a toccare con mano cosa sia una grandezza vettoriale. La
velocità ha un valore (quello indicato dal tachimetro della moto), una
direzione (la linea sulla quale ci stiamo muovendo) e un verso (il senso
nel quale percorriamo quella linea). L’accelerazione fornita dal motore
ha un certo valore (che dipende dalla potenza del motore) la stessa
direzione della velocità e lo stesso verso. L’accelerazione fornita dai
freni ha un valore che dipende dalla potenza dei freni ha una direzione
che è la stessa del moto ma verso opposto perché tende diminuire la
velocità.
La forza d’inerzia (a parità di massa) è proporzionale all’accelerazione
che viene imposta alla massa o guardando lo stesso fenomeno dall’altro
punto di vista, (sempre a parità di massa) l’accelerazione che subisce
una massa dipende dall’entità della forza che cerca di muoverla. Se noi
siamo in mezzo alle due sfere e cerchiamo di spostarle spingendone una
appoggiandoci all’altra, tanto più pesanti saranno le sfere tanto minore
sarà l’accelerazione che riusciremo ad imprimergli, a parità di forza.
Per chi ama le formule questo concetto si esprime con la formula F=Ma
(forza = massa per accelerazione) e di conseguenza l’accelerazione è
uguale alla forza diviso la massa (a = F/M).
Ora siamo in grado di definire il concetto di peso, che avevamo lasciato
in sospeso più sopra. La terra è in grado di esercitare su tutti i corpi
una forza di attrazione tale da imprimere a ciascuno un’accelerazione di
9,8 metri al secondo ogni secondo (9,8 m/sec2).Indipendentemente dalla
loro massa. Dato che dalla formula F=Ma sappiamo che a parità di
accelerazione a massa maggiore corrisponde una forza maggiore ne
deduciamo che un corpo di massa doppia sarà sottoposto ad una forza di
attrazione (peso) doppia. In pratica il chilogrammo peso (forza) come
grandezza è il prodotto di una massa per un’accelerazione (di gravità).
Ora dovrebbe essere chiaro perché sulla luna, dove l’accelerazione di
gravita è circa un quarto di quella terrestre, anche il peso a parità di
massa è circa un quarto.
Forza applicata per accelerare una massa e forza d’inerzia hanno pari
valori e pari direzione ma verso opposto. La forza di inerzia è sempre
applicata al baricentro la forza per accelerare un corpo può essere
applicata in un punto qualunque. Se il punto di applicazione di una
forza non coincide con il baricentro la forza che spinge e la forza di
inerzia generano una coppia che tende a far ruotare il corpo.
Ma possiamo anche imporre una accelerazione in una direzione
perpendicolare al moto, in questo caso otteniamo una deviazione alla
direzione del moto dell’oggetto. Se l’accelerazione ha una durata
limitata imponiamo una variazione alla direzione del moto dell’oggetto,
che poi prosegue nella nuova direzione con moto rettilineo. Pensiamo ad
una boccia su un biliardo che urta di striscio un’altra boccia, subisce
un’accelerazione laterale e poi prosegue sulla nuova direzione con moto
rettilineo. Se questa accelerazione laterale dura nel tempo la
variazione di direzione continua ed otteniamo una traiettoria curva
finché dura l’accelerazione laterale (pensiamo alle ali di un aereo in
virata, finché l’aereo è inclinato le ali spingono l’aereo lateralmente
facendogli cambiare continuamente direzione ottenendo una traiettoria
curva, quando le ali si spianano smettono di spingere di lato l’aereo
prosegue con moto rettilineo).
La forza centrifuga è una tipica forza d’inerzia che dimostra
chiaramente quanto scritto fin’ora. Prima di tutto bisogna dire che
tutti parlano di forza centrifuga ma nessuno nomina mai la forza
centripeta, che invece è più importante della prima. La forza centrifuga
esiste perché esiste la forza centripeta. Come già scritto sopra
prendiamo un corpo in moto rettilineo ed applichiamo una forza laterale
perpendicolare al moto che tende a farlo deviare (le ali dell’aereo, lo
trazione dello spago che trattiene una pallina che stiamo facendo
ruotare con la mano ecc). La forza che imprimiamo per far deviare un
corpo e mantenerlo in un moto circolare è la forza centripeta, ovvero
una forza che spinge il corpo verso il centro della curva e lo mantiene
in rotazione. Come già scritto quando imprimiamo un’accelerazione ad una
massa quest’ultima reagisce con una forza uguale e contraria, è la forza
centrifuga.
Nel caso di una moto la forza centripeta è fornita dall’appoggio della
ruote sulla strada, quando l’aderenza viene a mancare viene a mancare la
forza centripeta che mantiene la moto in rotazione, la moto cessa di
curvare e prosegue su una traiettoria rettilinea tangente alla curva nel
punto di perdita di aderenza. Speriamo non ci sia un guard rail.
Effetto giroscopico delle ruote o, più propriamente definito,
“precessione giroscopica”.
Un giroscopio è qualunque oggetto in movimento rotatorio, ad esempio una
ruota ma anche il rotore (pale) di un elicottero, non per nulla questo
principio è alla base del funzionamento degli elicotteri.
Il principio della precessione giroscopica dice che se si applica una
forza all’asse di rotazione di un giroscopio che tenda a variarne il
piano di rotazione questa forza agisce sul giroscopio stesso in un punto
spostato di 90° in ritardo, rispetto al senso di rotazione, e nello
stesso senso. Pertanto se noi teniamo fra le mani l’asse di una ruota di
bicicletta che gira nel senso della marcia in avanti (vedi disegno
successivo) e proviamo a ruotare l’asse della ruota in orizzontale come
se girassimo il manubrio a destra (frecce A) la ruota si inclina (piega)
a sinistra (frecce B). Lo vediamo anche nel motocross. Quando durante i
salti mettono la moto orizzontale, ad es a sinistra, lo fanno ruotando
il manubrio a destra.
http://www.hover.it/Tecnica/Inclirotprinc.doc
Equilibrio dei corpi
Qualunque oggetto, dalla moto al grattacielo, stanno in equilibrio
finché la verticale condotta dal loro baricentro cade entro la
superficie della base di appoggio. Se prendiamo un oggetto alto e
stretto e lo appoggiamo su un piano sta in equilibrio, se cominciamo ad
inclinare il piano di appoggio la verticale portata dal baricentro
inizia a spostarsi su un lato della base di appoggio. Quando la
verticale esce dalla base di appoggio l’oggetto cade.
Uno “spostamento” della verticale può essere prodotta anche da una
spinta laterale sull’oggetto. Il vento su un grattacielo. La somma
vettoriale (vedi capitolo sulla somma delle grandezze vettoriali) fra la
forza peso e la forza del vento produce un’inclinazione della forza che
il grattacielo esercita sull’appoggio. Se questa forza esce dalla base
di appoggio il grattacielo cade (per questo si dice che gli edifici sono
dimensionati di progetto per una determinata forza del vento)
Un oggetto con una base di appoggio puntiforme non sta in equilibrio
(salvo caso puramente teorico e non applicabile nella pratica). Un
bastone in verticale su un tavolo. Tuttavia un bastone può essere
mantenuto in equilibrio dinamicamente intervenendo sul punto di appoggio
(come tutti sappiamo). Se teniamo un bastone in equilibrio su un dito e
spostiamo il dito correttamente siamo in grado di mantenere sempre il
punto di appoggio sotto alla verticale che passa per il baricentro.
Ora esaminiamo il caso che, tenendo il bastone in equilibrio sul dito,
decidiamo di metterci a camminare. Come cominciamo a camminare, e
spostiamo il punto di appoggio da sotto al baricentro, il bastone cade.
Questa reazione è dovuta al fatto che il baricentro del bastone, che si
trova in alto, circa a metà altezza del bastone, quando iniziamo a
camminare per inerzia tende a rimanere dove si trova quindi la verticale
finisce fuori dall’appoggio e il bastone cade.
Però, come tutti sappiamo, c’è un modo per riuscire a spostare il
bastone sfruttandone proprio la forza di inerzia.
Se spostiamo leggermente indietro il dito, il bastone inizia ad
inclinarsi in avanti. Quando ha raggiunto l’inclinazione corretta
possiamo cominciare ad imporre un’accelerazioni in avanti al bastone.
Come abbiamo già visto, ogni volta che imprimiamo un’accelerazione ad un
corpo nasce una forza di inerzia rivolta in senso opposto applicata al
baricentro. Se facciamo la somma vettoriale della forza di inerzia con
la forza peso otteniamo un’inclinazione della forza risultante che, se
abbiamo fatto tutte le cose per bene, avrà la stessa inclinazione del
bastone e quindi il bastone potrà restare in equilibrio in posizione
inclinata. Questa posizione resterà stabile fintantoché permarrà
costante l’accelerazione (attenzione, l’accelerazione non la velocità)
E’ opportuno che chi intende comprendere bene la dinamica di una curva
in moto non consideri questa descrizione uno sterile esercizio di fisica
perché vedremo in seguito che tutte queste operazioni le ritroveremo
durante una curva in moto.
Segue qualche disegno della sequenza degli eventi:
Fig. 1 il bastone è fermo in equilibrio
Fig.2 sposto indietro la mano. Il bastone si inclina ed inizia a
cadere perché la forza peso genera una componente che tende a far cadere
il bastone
Fig. 3 comincio a far avanzare la mano imprimendo un’accelerazione al
bastone. Il baricentro subisce una forza di inerzia indietro che genera
una risultante in linea col bastone quindi il bastone resta in
equilibrio (il non perfetto allineamento delle linee dipende dalla
scarsa definizione dei disegni in Word)
Quando l’accelerazione termina ed inizia il trasferimento a velocità
costante (più o meno dopo i primi due passi) la forza di inerzia si
annulla ed il bastone si ritrova sbilanciato in avanti ( vedi fig 2), ed
è destinato a cadere. Per evitarlo è necessario che prima di terminare
l’accelerazione venga imposto in impulso di accelerazione maggiore (fig
4) tale che la forza di inerzia aumenti e sposti la forza risultante
più indietro del punto di appoggio per riportare il bastone verticale.
In questa posizione il bastone può continuare a spostarsi a velocità
costante (se si trascura la resistenza dell’aria)
Nel momento in cui vogliamo fermare il bastone occorre effettuare una
manovra analoga ma in senso opposto perché se fermiamo semplicemente la
mano il bastone. Per inerzia, continua ad avanzare perdendo nuovamente
l’equilibrio. Ma questa manovra non ci interessa per i nostri scopi.
La dinamica della moto
La moto, rispetto al bastone in equilibrio sul dito, ha un grado di
libertà in meno. Può cadere lateralmente ma ha una rilevante base di
appoggio in senso longitudinale che la rende (abbastanza) stabile alle
sollecitazioni di accelerazione e frenata.
Un’auto che si muove su una strada può prendere a prestito i concetti
che abbiamo descritto per il grattacielo. Finché la verticale condotta
dal baricentro ricade all’interno della basa di appoggio l’equilibrio è
garantito. La base di appoggio è il rettangolo delimitato dalle ruote.
Quando imponiamo un’accelerazione ad un veicolo (accelerazione frenata,
curva), lo abbiamo visto nell’esercizio precedente, la forza di inerzia
si somma con la forza peso modificandone l’inclinazione. Per un’auto
questo non è un problema perché molto difficilmente la forza risultante
esce dalla superficie d’appoggio, può accadere talvolta in occasione di
accelerazioni laterali (curve) molto violente ma sono esperienze assai
rare per un conducente medio.
Per una moto valgono gli stessi concetti finché si parla di
accelerazioni e frenate. La superficie d’appoggio abbastanza estesa in
senso longitudinale limita i casi di uscita del carico della moto dalla
base di appoggio a manovre più da stunt men che da motociclista turistico
In senso laterale invece la moto si comporta come un bastone in
equilibrio sul dito, perché la base di appoggio della nostra moto è
costituita da un tratto di linea che unisce i due punti di appoggio a
terra delle ruote.
Vediamo quindi come funziona l’equilibrio di una moto.
A bassissima velocità (passo d’uomo) la moto si comporta in tutto e per
tutto come il bastone sul dito. Dobbiamo mantenere con abili manovre la
base d’appoggio sotto al baricentro. Quando avvertiamo la tendenza della
moto a perdere l’equilibrio su un lato dobbiamo prontamente sterzare
verso quel lato, così facendo facciamo spostare la base d’appoggio sotto
al baricentro ripristinando l’equilibrio.
Quando la velocità aumenta (gia 30 – 40 Km/h sono sufficienti) il
fenomeno precedentemente descritto della precessione giroscopica
comincia a darci una mano. Come abbiamo visto, se una ruota gira ad una
sufficiente velocità ed applichiamo una forza al suo asse che tenda a
farla ruotare su un asse verticale (sterzata) la ruota reagisce con una
forza che tende a farla ruotare su un asse orizzontale (inclinazione).
Nella fattispecie se applichiamo una forza sterzante a destra otteniamo
una forza inclinante a sinistra. Questo fenomeno aiuta e anzi diventa
preponderante a velocità maggiori, nel mantenimento dell’equilibrio. Se
avvertiamo una tendenza ad inclinare a sinistra sarà sufficiente un
minimo sforzo sul manubrio verso sinistra per ottenere un raddrizzamento
della moto.
Si può aggiungere che se una perturbazione tende a far inclinare la moto
da un lato la precessione giroscopica tende a far sterzare la ruota
sullo stesso lato contribuendo, assieme alla geometria dello sterzo, a
conferire autostabilità alla moto.
Provate a viaggiare ad una velocità costante di 70 – 80 Km/h in
rettilineo e provate ad esercitare piccoli sforzi a ruotare il manubrio,
alternativamente a destra e a sinistra. Non noterete un vistoso
serpeggiamento della traiettoria ma noterete della inclinazioni laterali
della moto, alternativamente a destra e a sinistra.
E ora veniamo finalmente alla curva. Prima di tutto rivediamo cos’è una
curva. L’abbiamo già visto in precedenza, parlando di inerzia.
Un corpo in movimento rettilineo mantiene inalterato il suo movimento
finchè non gli viene impressa una accelerazione laterale che tende a
fargli cambiare direzione. Perché parliamo sempre di accelerazione e non
di semplice deviazione? Perché una deviazione è una accelerazione
“laterale” e di questo occorre tener conto perché la dinamica alla quale
il fenomeno obbedisce è quella di una accelerazione.
Facciamo il solito esempio. Se ho un oggetto fermo e gli do una spinta
lo pongo in movimento. Credo che nessuno abbia dubbi sul fatto che
questo corpo abbia subito una accelerazione. Era fermo ora si muove. Ora
ho lo stesso oggetto che si sta muovendo su una traiettoria rettilinea
che mi passa davanti. Mentre mi passa accanto gli do una spinta, con la
stessa forza del caso precedente. Il corpo devia. Prima si muoveva lungo
una traiettoria rettilinea, ora si muove contemporaneamente nella
direzione che si muoveva prima più nella direzione verso la quale l’ho
spinto. Come fa a muoversi in entrambe le direzioni contemporaneamente?
Si muove in una direzione che è la somma vettoriale della velocità
precedente più la nuova velocità.
Disegno:
Se dopo la prima spinta gliene do un’altra il corpo devia nuovamente. Se
trovo il modo di dargli una spinta continua il corpo percorre una
traiettoria curva.
Ma abbiamo anche visto che la moto lateralmente si comporta come un
bastone in equilibrio sul dito quindi non possiamo applicarle
un’accelerazione laterale senza i dovuti accorgimenti altrimenti cade,
anche perché, al pari del bastone tenuto sul dito, l’accelerazione gli
viene fornita al livello del punto di contatto della gomma con l’asfalto
e non al livello del baricentro pertanto, per capire come si comporta
una moto in curva faremo un parallelo con quanto descritto per il bastone.
Abbiamo visto che dalla posizione di equilibrio statico, bastone
verticale, se spostiamo il dito il bastone cade. Una cosa analoga accade
nella moto. Se noi vogliamo imporre un’accelerazione laterale alla moto
per farle compiere una curva e per fare questo ruotiamo il manubrio
dalla parte della curva otteniamo due conseguenze entrambe negative:
spostiamo lateralmente la base d’appoggio della moto mentre il
baricentro, per inerzia, mantiene la propria traiettoria rettilinea,
inoltre la precessione giroscopica della ruota, come già abbiamo visto,
impone una forza rovesciante in senso opposto alla curva e la moto casca
inesorabilmente dalla parte opposta alla curva che volevamo iniziare.
Quindi dobbiamo fare quello che già abbiamo visto per il bastone. Il
baricentro va spostato preventivamente dalla parte dove vogliamo
spingerlo per poterlo accelerare quando ha raggiunto la giusta
inclinazione. La stessa cosa va fatta con la moto. Le gomme devono
iniziare a spingere la moto di lato verso il centro della curva ma
quando iniziano a farlo la moto deve essere già inclinata all’interno
della curva ed il baricentro deve essere già fuori dalla base di
appoggio. Come sappiamo, maggiore è il grado di inclinazione, o lo
sbilanciamento della moto, maggiore è la forza deviante che le gomme
possono imporre alla moto quindi più stretta la curva che possiamo
affrontare e maggiore la velocità.
Per spostare il baricentro all’interno della curva abbiamo due metodi.
Uno è quello di spostare il corpo all’interno della curva, spostando
quindi forzatamente una parte di peso fuori dal baricentro Un altro è lo
stesso usato per il bastone. Invece che spostare il baricentro fuori
dalla base di appoggio spostare la base di appoggio da sotto al
baricentro. Questo risultato può essere ottenuto sterzando dalla parte
opposta alla curva. Questa azione inoltre, come già sappiamo, per
effetto giroscopico contribuisce ad inclinare la moto dalla parte dove
vogliamo girare.
Il secondo sistema è decisamente più efficace e preciso del primo. Lo
constatiamo quando cerchiamo di affrontare una curva guidando senza
tenere il manubrio. L’inserimento in curva guidando solo con lo
spostamento del peso è lento ed impreciso mentre quando abbiamo le mani
sul manubrio riusciamo a pennellare le traiettorie con grande rapidità
precisione.
Fino a questo punto abbiamo fatto qualcosa che corrisponde allo
spostamento indietro della mano sotto al bastone ma ora dobbiamo
iniziare a spingere il bastone avanti altrimenti il bastone cade ( e
pure la moto). Per iniziare a spingere la moto verso il centro della
curva (per applicare quella forza centripeta che la induce a percorrere
una traiettoria curva) dobbiamo girare il manubrio verso la direzione
della curva in modo che la ruota anteriore imponga quella forza che ci
serve per deviare la traiettoria della moto appoggiandosi all’asfalto
tramite l’attrito gomma-strada. Da questo momento la moto si comporta
come il bastone nella fig 3 e la forza risultante dalla somma della
forza peso più la reazione di inerzia (forza centrifuga) si scarica
sulla base di appoggio della moto e la moto resta in equilibrio
nonostante si trovi in una posizione ben lontana dalla verticale.
Come abbiamo visto per il bastone, quando cessa l’accelerazione il
bastone tende a cadere in avanti per mancanza della forza di inerzia. La
stessa cosa accade alla moto quando cessa l’accelerazione laterale,
ovvero quando finisce la curva quindi, prima della fine della curva
dobbiamo riportare la moto verticale. Nel caso del bastone abbiamo
aumentato l’accelerazione affinché un aumento della forza di inerzia lo
riportasse verticale. Nel caso della moto possiamo adottare lo stesso
metodo oppure, visto che noi possiamo, spostare il peso del corpo
all’esterno. Come per l’immissione in curva lo spostamento del corpo non
è molto efficace. Più efficace risulta agire sul manubrio stringendo
temporaneamente la curva. Come per l’immissione in curva questa
operazione produce due effetti. Uno spostamento all’interno della base
di appoggio e un raddrizzamento della moto per la precessione
giroscopica. Un’altra possibilità è quella di aumentare la velocità.
Tutte queste operazioni hanno come effetto un aumento della forza di
inerzia, ovvero della forza centrifuga con conseguente rialzamento della
moto.
Ora due parole sullo spostamento del corpo e del culo fuori dalla moto.
Quando si parla di angolo di inclinazione si deve sempre intendere, ai
fini della percorrenza della curva, l’angolo di inclinazione del
baricentro del complesso moto pilota, ovvero l’angolo della linea che
congiunge il baricentro con il punto di appoggio delle gomme a terra.
Finché non si raggiungono i limiti fisici di inclinazione della moto lo
spostamento del peso all’interno della curva è inutile. Sono ancora in
dubbio (sto continuando a studiare anch’io) se la maggior tranquillità
di guida che si ottiene spostando il peso del corpo all’interno della
curva sia frutto di un effettivo vantaggio tecnico o semplicemente di un
fattore psicologico. Sono propenso a credere che cercare di spostare il
peso all’interno della curva evita che lo si tenga inconsciamente ed
involontariamente all’esterno, cosa questa effettivamente dannosa.
Quando i limiti fisici della moto sono raggiunti o quando, giustamente,
si cerca di rimanerne ad una certa distanza di sicurezza, l’unico modo
per aumentare l’impossibile angolo di piega è di portare il baricentro
più all’interno della curva, aumentando di fatto l’angolo effettivo di
piega, e quindi la velocità possibile in curva, senza inclinare di più
la moto. Portare il sedere all’interno e in basso ed abbassare il busto
contribuisce ad abbassare il baricentro che, oltre a conferire maggiore
stabilità, contribuisce all’aumento dell’angolo di inclinazione
effettivo. Seguono alcuni disegni esplicativi.
.
Per finire una curiosità, molto utile da sapere. Come avrete notato uno
dei casi di incidente più frequente che coinvolga una moto ed un altro
veicolo, generalmente un’auto, è il caso che si stia sorpassando e che
l’auto sorpassata devii improvvisamente a sinistra, rendendoci
impossibile evitare il contatto. A chi è accaduto si sarà meravigliato
di essersi sentito nell’impossibilità di evitare l’urto ed avrà
incolpato la sua scarsa prontezza di riflessi o la sua scarsa abilità.
Vi voglio consolare, quel tipo di incidente è praticamente inevitabile,
ed ora vi spiego perché.
Come abbiamo già visto alla noia in precedenza, per iniziare una curva
in modo rapido e preciso occorre sterzare con decisione nella direzione
opposta alla curva per indurre una rapida e decisa inclinazione della
moto nella direzione voluta. Fin’ora non ne abbiamo parlato perché non
era rilevante ai fini di quello che volevamo descrivere ma ora la
faccenda diventa importante. La sterzata in senso opposto alla curva
sposta la base di appoggio fuori dal baricentro. Per fare questo la
traiettoria della moto si sposta temporaneamente lateralmente nella
direzione opposta alla curva.
Se stiamo sorpassando un’auto a sinistra e improvvisamente l’auto devia
stringendoci, ci impedisce di scartare e a sinistra per evitare l’urto,
perché per fare questo saremmo costretti a sterzare a destra urtando
l’auto quindi l’unica operazione che siamo in grado di fare è frenare e
spostare il peso dalla parte opposta dell’auto nel tentativo di far
deviare la moto senza controsterzare, sperando che basti ad evitare
l’urto. Morale, durante i sorpassi teniamo sempre una ragionevole
distanza dall’auto sorpassata per avere lo spazio, nel caso l’auto
deviasse verso di noi, per allargare la nostra traiettoria e riuscire ad
evitare l’urto o, alla peggio, per avere almeno più tempo per frenare.
Ancora meglio, se nel punto del sorpasso c’è una strada un parcheggio o
un qualunque posto dove l’auto che ci precede potrebbe deviare, iniziare
il sorpasso lentamente, sulle difensive, in modo da poter controllare le
intenzioni ‘del nemico’ per procedere poi decisamente al sorpasso solo
quando l’auto si trova in una posizione dove le sia impossibile svoltare
(anche se non ha la freccia accesa, riporre eccessiva fiducia nelle
frecce è una buona anticamera dell’ospedale…..)
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Fra e i Draghi